Road to Dingle

Road to Dingle

Da Dublino a Cork

Sabato

La colazione

“Io odio la birra!” penso, ma subito mi pento e mi dolgo dei miei pensieri.

Apro gli occhi.
Dalla tenda della finestra filtra uno spiraglio di luce e capisco che è già mattina.
L’orologio mi dice che sono le 08:30 perciò decido che un’altra mezz’oretta di sonno non può farmi altro che bene. Anche perché la testa mi scoppia.

Quando finalmente mi alzo vedo che i miei compagni di stanza spagnoli sono ancora sotto le coperte, mentre gli altri due letti sono vuoti.
Mi vesto, cerco i calzini ma ne trovo solo uno. Guardo dappertutto ma niente, il secondo calzino non c’è.
Come diavolo si fa a perdere un calzino, mi chiedo. Penso sia impossibile che ieri sera sia rientrato con un calzino solo, devo per forza averli avuti entrambi, eppure in questa stanza il calzino non c’è.

Va beh!
Sia quel che sia, io voglio solo fare colazione perché ho la bocca secca come il deserto e lo stomaco sottosopra.

Provo un senso di sollievo nel riconsegnare le chiavi al mio amico portiere indiano e nell’uscire da quell’ostello.

Quasi tutti i pub a Dublino servono la colazione ogni giorno, ma uno dei più famosi è di sicuro il pub O’Neill’s, situato esattamente di fronte alla statua di Molly Malone.

Ed eccomi all’ O’Neill’s a consumare la mia colazione fatta di uova strapazzate con salmone, patate al forno, pane e burro, una tazza di caffè nero e una pinta di acqua.
Adoro le colazioni anglosassoni, ti fanno iniziare la giornata con lo spirito giusto, e in certi casi puoi senza problemi arrivare fino all’ora di cena senza consumare altri pasti.

Passeggiata mattutina

Dopo la colazione decido di andare a comprare un po’ di tabacco da pipa dato che una delle maggiori marche di pipe e tabacco, la Peterson, ha sede proprio a Dublino.
Oggi me ne andrò da questa città per raggiungere Cork, sulla costa sud dell’Irlanda, ma il treno parte a mezzogiorno e ora sono quasi le 10:00, perciò decido di farmi una camminata su Grafton Street e di provare il nuovo tabacco.

Con tutti i suoi negozietti Grafton Street pullula di gente.
Passeggio con andatura da turista e con lo zaino sulla schiena. Arrivo alla fine della via dove inizia St. Stephen’s Green.
Prima di tutto entro nel negozietto all’angolo della strada per comprare una cartolina da spedire a una mia amica, visto che colleziona francobolli.
Entro al parco, faccio un giro di perlustrazione scoprendo che una parte è chiusa per lavori in corso. Poi trovo una panchina e mi siedo.
Il vento è forte oggi, ma niente mi impedirà di farmi la mia fumata mattutina.

Mentre cerco di capire se il nuovo tabacco mi soddisfa o no il tempo vola, e quando mi accorgo sono già passate le 10:30.
Per arrivare in stazione ci vogliono circa 30/40 minuti di camminata, ma io non ho mai fatto quella strada e inoltre ho in spalla uno zaino abbastanza pesante, quindi è ora di partire.
Costeggiando il Liffey arrivo senza problemi alla Heuston Station, appena dopo la Guinness Storehouse.

Tipica stazione dei treni in stile anglosassone: grande hall iniziale con negozietti e caffè, tornelli per il controllo biglietti e poi i binari.
Il tutto con un’architettura in stile Vittoriano.
Tra una ventina di minuti il treno partirà perciò opto per un altro caffè.
Secondo il mio punto di vista non c’è rimedio migliore dopo una sbornia di tanta acqua, tanto caffè, e tante ore di sonno. Per il momento come caffè ci siamo.

Finalmente il treno si apre e la gente sale. Io ho il mio posto prenotato nella carrozza F, che ovviamente è la più distante dai tornelli.
Salgo e mi sistemo al mio posto, con il mio caffè e il mio diario di viaggio.

Il treno parte.

In treno

Due orette e mezza di viaggio.
Scrivo, sorseggio il caffè, guardo il paesaggio che si estende al di la del finestrino.
Pecore, brughiere, qualche casa, colline in lontananza.
Tutto scorre e passa.

Il tempo uggioso si trasforma in sereno.
Quello che si dice è vero, in Irlanda ci sono 4 stagioni in un giorno, puoi passare dalla pioggia al vento al sole e alla nebbia nel giro di minuti.

Verso la metà del viaggio ricevo una chiamata dal mio amico che mi dice di essere a farsi un tatuaggio.

Il signore col carrello delle bevande e degli snack passa di fianco al mio posto chiedendo se desidero. Il caffè che ho preso in stazione è finito, e siccome io sono un patito di caffè, specialmente quando viaggio, ne prendo un altro.

Siamo a tre quarti del viaggio e vedo una signora che si aggira pensierosa nel corridoio.
Quando è all’altezza del mio posto vede che ho il telefono in carica nella presa del treno e mi chiede:
“Excuse me, do you have a phone charger?”
“Yes of course, do you need it?”
“Yes please, if I can take it for 5/10 minutes…”
“No problem” le dico.
Sto per staccare il caricabatterie e prestarglielo ma mi dice che preferisce lasciare il suo telefono e venire a prenderselo più avanti.
Ok, contenta tu.

Il treno si ferma.
Cork” avvisa la voce dagli altoparlanti.
Sono stato molte volte in Irlanda ma questa è la prima volta che mi muovo da Dublino, è tutto una novità per me.

A Cork

Il problema principale adesso è mettere giù il peso che ho sulle spalle.
Una decina di minuti a piedi dalla stazione e arrivo in ostello.

Sicuramente non ha niente a che vedere con quello degli indiani.
La camera è sempre da 6 ma è molto più ordinata e pulita, come i bagni e le docce.

Mi rilasso 10 minuti senza fare niente, poi per sicurezza mi preparo già i vestiti da mettere l’indomani, perché non si sa mai in che condizioni tornerò stasera.

E’ la prima volta a Cork per me e non so proprio dove andare e cosa fare.
Scendo alla reception e dico alla signorina che è appunto la mia prima volta qui, e se mi può dare qualche consiglio. Chi meglio della gente del posto può darti consigli sulla città?!
Mi mostra una cartina dove mi segna alcuni punti di interesse fondamentali.

Alla fine, come Dublino, anche Cork è una città che puoi girare a piedi senza problemi.

L’ostello è un po’ fuori dal centro perciò parto subito, metto la giacca e scendo in città.

Come già detto il centro di Cork si snoda attorno alle 2 vie principali, 3 se contiamo anche Paul Street, con i suoi caffè e ristorantini tipici.

Dall’ostello, tenendo la via principale, arrivo direttamente in St. Patrick Street, piena di negozi e boutique d’alta moda.
Mi ricorda un po’ Grafton Street, solamente più larga e senza tutti quei negozietti che ho imparato ad amare in tutti i miei viaggi a Dublino.
Mi addentro per le vie, seguo la mappa, cammino e cammino per tutto il centro, seguo la sponda del fiume e poi torno indietro.
E’ il periodo del torneo 6 Nazioni di rugby e oggi pomeriggio trasmettono Irlanda vs. Scozia.

Il rugby è lo sport nazionale in Irlanda perciò in qualunque pub o ristorante la tv è accesa sulla partita.

Ho le gambe un po’ stanche e inoltre mi è venuto lo stimolo di scrivere.
Vedo un bel pub e mi ci butto dentro. Il locale è lungo e stretto ed è molto carino, come piace a me, col muro in mattoni e i tavoli di legno consumato, poca luce e pieno di vecchi appassionati di sport mezzi ubriachi e con la coppola in testa.

Ordino una pinta di Beamish e mi siedo in un angolo a scrivere.
Faccio una pausa solo per ascoltare l’inno irlandese insieme a tutto il locale prima dell’inizio della partita.
Rimango nel pub una buona ora, quasi fino alle 17:00, poi decido che è meglio togliere il disturbo.

Continuo la mia strada di esplorazione ma qualcosa mi disturba: è la vescica.

Saranno stati i due caffè del treno, sarà stata l’ultima birra, fatto sta che devo fermarmi per andare in bagno.
Il primo locale che vedo mi fiondo dentro e noto subito il cartello “toilet only for customers“.
Purtroppo il mio bisogno non può aspettare quindi adotto la strategia di dire al barista se posso ordinare e quando lui mi chiede cosa voglio gli dico se può aspettare un attimo che devo andare in bagno.

Dopo essermi liberato vado al bancone e mi accorgo che quello in cui sono entrato è un whisky bar e il muro dietro il banco è colmo di bottiglie da tutto il mondo.
Una cameriera mi si avvicina e mi chiede se devo ordinare. Le dico di si e che mi piacerebbe assaggiare un whisky locale.
Allora la cameriera che evidentemente non ne sa alcunché di whisky chiama la sua collega, la quale mi propone 3 diversi whisky dal profumo intenso e inizia a spiegarmeli in maniera esauriente.
Ne scelgo uno, e mentre lei me lo versa sento la signora seduta al banco di fianco a me che mi dice qualcosa. Ci guardiamo e mi fa, stupita della cameriera quanto me: “Oh man, she knows a lot of things about whisky“.

Non posso che concordare, e dopo qualche apprezzamento da parte di entrambi sulla cameriera vado a prendere posto a un tavolino e sorseggio il mio whisky.

Sono le 18:00, è ora di muoversi.

Inizio ad avere fame ma è troppo presto per la cena. E’ vero che il mio ultimo pasto è stata la colazione all’ O’Neill’s, ma posso attendere ancora un’oretta e qualcosa.
Oggi sono reduce dalla sbornia di ieri sera a Dublino quindi mi riprometto di andare a letto subito dopo cena.

Anche perché sono a Cork, una città nuova per me, che non conosco, non come a Dublino che in ogni angolo mi sento a casa. Qui mi sento spaesato.

Per tirare avanti ancora un po’ prima di cena cammino, giro per le strade guardando le cose che mi circondano.
A un certo punto vedo due ragazzi che entrano in una specie di vicolo sotto un portico, e penso che se ci vanno loro che avranno 15 anni ci posso andare anch’io che ne ho 30, quindi li seguo.

Come era ovvio finisco in un pub.
Tradizionale, caratteristico, dove stanno trasmettendo la partita.
Ho ancora voglia di scrivere ed è una cosa strana dato che non ho mai scritto niente in vita mia.
Questa cosa dello scrivere mi sta sfuggendo di mano.

Cerco un tavolino libero, tutti occupati, cerco uno sgabello al banco, tutti pieni, vedo un buco di banco libero e mi ci appoggio anche se mi tocca stare in piedi.
Ordino un whisky ma stavolta lascio fare al barman, quello che arriva arriva.
Tiro fuori il diario e in piedi al bancone con un whisky davanti continuo la mia storia.

Scrivo quello che mi passa per la testa, anche se si tratta di fatti accaduti realmente, ma le parole vengono fuori da sole.
Il bicchiere cala, pian piano, fino a svuotarsi completamente, facendomi capire che l’ora di andare avanti è giunta.
Esco, inizio a girare ancora per la città. Provo con TripAdvisor ma non mi aiuta, perciò decido di andare “a naso”.

La cena

Il primo ristorante in cui provo a entrare non ha posto, è sabato sera quindi immagino sia normale.
Ne trovo un altro, carino, un po’ piccolo infatti mi dicono che non hanno tavoli liberi all’interno, però se voglio hanno ancora posto all’esterno.
Tutto sommato non è così freddo stasera, e nella terrazza ci sono le lampade riscaldanti, in aggiunta non ho alcuna voglia di mettermi di nuovo alla ricerca di un locale, quindi accetto e mi siedo fuori.

Cork è una città portuale, di pescatori, e quando mi trovo in questo tipo di città mi viene sempre voglia di piatti di pesce, o seafood, come lo chiamano loro.

Ordino il mio seafood con una bella caraffa di tap water (acqua di rubinetto), perché depurarsi a volte fa bene, anche in ferie.

La gente va e viene, coppie, gruppi di amici, una madre col figlio.
Sedute vicino a me ci sono due amiche e deve essere il compleanno di una delle due perché l’altra le consegna un pacchetto regalo dicendole “you deserve it” (te lo meriti).

Io aggiorno la mia famiglia con le foto della giornata tramite whatsapp.
Finisco il piatto velocemente perché ho fame, ordino un espresso e scrivo ancora.

Nel frattempo una delle due amiche va all’interno del locale e quando torna fuori dice all’amica di aver pagato. Alla domanda della sua amica sul perché avesse pagato tutto lei risponde “happy birthday“, confermando la mia teoria.
Se ne vanno. Peccato, erano carine, un piacere per gli occhi.

Alzo la testa dalla mia scrittura e mi accorgo che sta piovendo. Niente di male in realtà, ho la giacca impermeabile e col cappuccio, però forse è meglio avviarsi.

Entro, pago la cena alla cameriera, anch’essa molto carina (sarà che sono in viaggio ma le ragazze qua mi sembrano tutte belle), e me ne vado.

Sto per raggiungere il fiume per oltrepassarlo, dato che il mio ostello è sulla sponda nord, quando l’occhio mi cade su un locale che avevo notato anche prima.
L’entrata è piccola e ha una terrazza esterna.
L’ultimo whisky, penso, non mi farà sicuramente male.

Entro, il locale è molto piccolo e affollato, e non è neanche chissà che bello.
Prendo il whisky dopo essere riuscito a farmi largo tra la gente al bancone.
Questo posto mi mette a disagio, bevo il whisky più veloce della luce e prendo la via di “casa“.

Arrivo in camera relativamente presto, verso le 22:00 e qualcosa, e la camera è ancora vuota.
Probabilmente i miei roommates non sono asociali come me, il sabato vogliono divertirsi e magari conoscono i posti in cui farlo.

In tranquillità mi preparo i vestiti per l’indomani, mi metto in tenuta notte, mi metto sotto le coperte e attacco un po’ di Alabama.
Parte questo sound southern country che mi mette subito pace interiore.
Mentre mi rilasso uno dei miei compagni di stanza arriva e si mette a letto.

Verso le 23:30 decido che è giunto il momento di cadere tra le braccia di Morfeo, spengo la musica ma purtroppo mi accorgo che ce n’è un’altra.
Musica alta, schiamazzi, urla e risate di ragazzi e ragazze che stanno facendo baldoria.
Al primo momento mi sembra che arrivi dalla stanza di fianco e mi viene da pensare che prima o poi arriverà su il portiere a dire di fare meno confusione a questa gente irrispettosa di quelli che vogliono riposare.
Ma poi ascoltando meglio capisco che viene da fuori, i ragazzi sono nel cortile sotto la finestra della mia camera.

Vanno avanti ore senza lasciarmi dormire e la notte mi sembra interminabile, quando finalmente la musica si ferma e sento che si salutano.

Ora posso concedermi un po’ di riposo e cado in preda al sonno.